Personaggi famosi

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Gli uomini illustri riportati in questa sezione sono quelli non più in vita e dei quali si posseggono dati certi e riconoscibili.
Siamo grati a coloro che vogliono segnalare personalità mancanti o fornire notizie integrative a quelle già in nostro possesso: il sistema è aperto alla collaborazione di tutti i cittadini, che possono rivolgersi all’indirizzo di posta elettronica esposito@comunesalaconsilina.it.
Le notizie/segnalazioni saranno opportunamente vagliate, al fine di evitare contaminazioni di qualsiasi natura.

Gennaro Amodio

Teologo, fu arcidiacono del Capitolo Cattedrale di Teggiano e vicario del Vescovo. Morì a 93 anni. Per essere fuggito dal seminario e aver seguito Garibaldi al suo passaggio per il Vallo fino al Volturno, non poté essere nominato vescovo. Per i suoi meriti scientifici, letterari e morali fu nominato cavaliere della Santa Sede. Nel 1925 l’Amministrazione comunale ribattezzò la via Rossetti col suo nome. 

Giuseppe Apicella

Avvocato e scrittore, uno dei capi della massoneria locale, fu direttore del periodico locale «La vedetta» (1910) e autore di due raccolte di versi, L’amore (1887) e Dal cuore (1887). La tradizione orale gli attribuisce anche un romanzo. 

Nicola Boschi

Sacerdote, economo curato della parrocchia di Sant’Eustachio, scienziato, prese parte attiva al movimento repubblicano del 1799, che si riuniva nella spezieria del notaio Giovanni Cioffi, leggendo proclami, lettere e satire provenienti da Napoli contro i sovrani. Caduta la Repubblica napoletana, che a Sala contò qualche decina di morti, fu perseguitato e dovette restare nascosto fino al 1806. Fu istitutore dei figli del re Gioacchino Murat. Cospirò nel 1820 come affiliato alla Carboneria. Continuò a propugnare le idee libertarie fino alla morte, avvenuta il 5 maggio 1848. 

Michelarcangelo Bove

Nacque nel 1790. Tenente della guardia d’onore, fu con Napoleone in Russia e uno dei superstiti che ne fecero ritorno. Il fratello Giuseppe fu condannato all’ergastolo dal regime borbonico per aver partecipato ai moti del 1820 e uscì di prigione con l’amnistia del 1830. Michelarcangelo partecipò, a sua volta, ai fatti del 1848, dai quali uscì indenne. Fu sindaco di Sala dal 1842 al gennaio 1849 e ancora dal febbraio 1860 fino al 17 ottobre dello stesso anno, data della sua morte. Benvoluto dalla cittadinanza per il suo animo filantropico e la sua attenzione verso le classi più umili, procedette alla riduzione degli oneri fiscali e, nello stesso tempo, realizzò opere pubbliche di .notevole impegno finanziario per il Comune; tra queste, la strada (oggi via Roma) che da Piazza Monteoliveto (oggi Piazza Umberto I) arriva all’ex Convento dei Cappuccini, accomodando anche la strada che di qui, passando per il Cimitero, si congiunge alla Nazionale per le Calabrie; migliorò in più punti la viabilità cittadina, dando, così, la possibilità di lavoro alla classe più disagiata. Mise ordine nel patrimonio comunale ponendo anche fine a liti pendenti, come quella secolare nei confronti dei baroni Caracciolo di Brienza. 

Emilio Baldassarre Cioffi

Medico e scienziato, nacque a Sala il 5 dicembre 1864. Laureato in medicina presso l’Università di Napoli, fu assistente del professor Cantani al Laboratorio della Prima Clinica di Napoli; nel 1891 analizzò a Sala le acque potabili del Vivo e della Levata. Tenne per trent’anni la cattedra di Medicina interna all’Università di Napoli. Tra le moltissime opere nel vasto campo clinico si segnalano La paura come causa di morte e Il vago in rapporto alla forma maligna e complicanze del morbillo. Morì novantenne a San Pietro Vernotico (Brindisi) il 10 settembre 1954. 

Alfredo De Marsico

Nacque a Sala il 24 maggio 1888 da Alfonso, archivista della Sottoprefettura, e da Emilia Rossi. In occasione delle elezioni politiche del 1897 il padre fu invitato dal sottoprefetto a votare per il candidato al Parlamento Emilio Giampietro; avendo quegli rifiutato, perché orientato a votare per Giovanni Camera, fu trasferito subito dopo a Rossano Calabro, dove, in compenso, il figlio Alfredo poté frequentare il ginnasio, che a Sala sarà istituito nel 1908; continuò poi le ultime due classi del ginnasio e il liceo ad Avellino. Qui si rivelò brillante oratore e letterato, quando pronunciò, a soli diciassette anni, un discorso per il monumento a Francesco De Sanctis; molti altri ne terrà nel corso della vita, pubblicati in Discorsi e scritti. Si laureò a Napoli nel 1909 a ventuno anni con la pubblicazione della tesi su La compra-vendita di cosa futura. Nel 1915 uscì il suo primo libro sul diritto penale, La rappresentanza nel diritto processuale penale. Conoscitore profondo della lingua tedesca, ma anche di quelle inglese, francese e russa, curò la rubrica di letteratura tedesca sulla rivista «Scuola positiva» di Enrico Ferri. Favorevole al fascismo, nel quale vedeva il garante dell’ordine, fu eletto deputato nel 1924 e si fece promotore di alcune riforme legislative. Alla Camera fece parte di varie commissioni. Dal 1939 al ’43 fu membro del Consiglio delle Corporazioni delle Professioni e delle Arti, in rappresentanza degli avvocati e procuratori e presidente della provincia di Avellino. «Liberale del fascismo», come lo definiva Mussolini, si oppose all’introduzione della pena di morte e sperava in un passaggio del Fascismo a una fase di liberalizzazione. Pubblicò anche una Riforma della legislazione (1935). Guardasigilli dal 5 febbraio al 25 luglio 1943, fu estensore dell’ordine del giorno «Grandi», che accelerò la caduta di Mussolini e del regime fascista, con la conseguente condanna a morte in contumacia il 10 gennaio 1944 nel processo di Verona e l’allontanamento per quattro mesi dall’attività forense. Fedele alla monarchia come espressione dell’Italia unita, fu senatore per il partito monarchico nella circoscrizione di Sala Consilina-Avellino, dal 1953 al ’58, durante la seconda legislatura. Agl’inizi degli anni Settanta condusse una campagna giornalistica contro la politicizzazione della magistratura e contro il terrorismo. Libero docente di Diritto e Procedura penale nell’Università di Roma dal 1915, vinse poi la cattedra nella medesima disciplina a Camerino (1922), a Cagliari (1926), a Bari (1926), a Bologna (1931); fu a Napoli (1935) come ordinario di Diritto processuale penale e ritornò a Roma come ordinario di Diritto penale, la cui cattedra ricoprì fino al 1963. Come avvocato fu considerato uno dei principi del foro italiani; fu presidente dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Napoli. Raccolse le sue Arringhe, a partire dal1928, in cinque volumi. Altre opere degne di essere ricordate, di natura letteraria oltre che giuridica, sono Voci e volti di ieri (Laterza, 1948), Penalisti italiani (1960). Antonietta Stecchi De Bellis, sua grande ammiratrice, curò altre pubblicazioni del o sul maestro: Toghe d’Italia (1979), Pensieri su Alfredo De Marsico, Incantesimo della parola ed il volume celebrativo Alfredo De Marsico (1987), nonché Il sole tramonta sul tavolo di questa Corte di Assise (1989). Morì a Napoli l’8 agosto 1985. 

Domenico De Petrinis

Nato a Sala il 14 marzo 1849, era figlio di Giuseppe, che ospitò a pranzo Giuseppe Garibaldi al passaggio per Sala il 5 settembre 1860. La sua famiglia fu perseguitata dal regime borbonico durante il periodo risorgimentale, a partire dal 1799. Orfano dei genitori in tenera età, a diciotto anni fu eletto capitano della Guardia Nazionale. Appena eleggibile, fu consigliere comunale. Nel 1877, a ventotto anni, fu eletto sindaco. Intervenne energicamente nel settore della pubblica viabilità, allora in pessime condizioni, realizzando la strada per la Grància e la via di accesso al paese – poi a lui intitolata, volgarmente detta Ciamba ri cavàddu –, una nuova illuminazione pubblica e una più dignitosa sede comunale, fatta decorare a sue spese come ricordo personale, dotandola anche d’un orologio «alla francese». Prestò non poca attenzione alle scuole, all’agricoltura, alla sanità; non di rado usò il proprio denaro per il bene pubblico. Nel 1882 fu eletto deputato, sedendo nei banchi della sinistra di Depretis. Si adoperò per la bonifica del Vallo di Diano e per la costruzione della linea ferroviaria Sicignano-Castrocucco, che però si arrestò a Lagonegro. Ma la morte, il 24 febbraio 1884, lo colse a soli trentacinque anni e non fece in tempo a vederla realizzata. 

Gaetano De Vita

Dottore in Medicina e Chirurgia, nacque a Sala il 19 gennaio 1836. Fu sindaco dal gennaio 1875 al marzo del ’76 e più volte consigliere comunale. Tradusse il poema di Girolamo Fracastoro sulla Sifilide o De morbo gallico e gli Aforismi di Ippocrate. Stampò anche il poema in ottave La lotta (1897); di lui resta anche un romanzo, Conflitto tra Chiesa e Stato, ispirato ai Promessi sposi del Manzoni, con riferimento a un don Rodrigo locale, il governatore Diego Noboa, poi ammazzato a furor di popolo. 

Giuseppe De Vita

Poeta dialettale, nacque a Sala nel 1866 dal medico Gaetano, poeta e scrittore, e da Elisa Del Vecchio. Laureato in Matematica, svolse la professione di ingegnere con competenza e umanità. Fu consigliere comunale e direttore dei lavori dell’edificio che sarà sede del Regio Ginnasio alla sua istituzione nel 1908. Chi lo conobbe ricorda che amava l’arte in genere e che seguiva i giovani desiderosi di progredire negli studi e quelli che si esercitavano nella filodrammatica e nelle arti figurative. Morì l’8 gennaio 1943. Pietro Falci, già docente di lettere al Liceo «Tasso» di Salerno, che frequentava da giovane il suo salotto culturale agl’inizi degli anni Quaranta, ebbe occasione di trascrivere non pochi dei suoi sonetti in dialetto salese, pubblicati a cura della Pro loco di Sala Consilina il 2001 sotto il titolo Quadretti di vita salese, opera degna di figurare accanto a quelle dei più grandi poeti dialettali italiani. 

Marco Antonio d’Otaro

Nel 1596, a diciannove anni, entrò nella Compagnia di Gesù. Ancora studente, si recò in missione in Perù. Per circa quarant’anni fu dedito all’insegnamento di Ladinidad, Umanidad y Rhetorica: fu considerato «eminente in letras humanas» e buon conoscitore della lingua indigena (quechua). Nonostante il cagionevole stato di salute, si dedicò alla evangelizzazione con tanto zelo, manifestato verso i malati e i poveri, da essere definito «apostol de los indios». Da Lima (Perù) si spostò a Còrdoba (Argentina), dove più volte soggiornerà. Troverà la morte nel 1644 a sessantasette anni, a Santiago del Estèro a San Miguel de Tucuman. 

Gaetano Esposito

Uno dei migliori pittori della Scuola di Posillipo, che fiorí sul finire dell’Ottocento, nacque a Salerno il 17 novembre 1858. Fu allievo di Domenico Morelli al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli. Ispirandosi a pittori meridionali del Sei e Settecento, come Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino e Gaspare Traversi, ne colse la ricchezza cromatica e la trasfuse nella ricerca sugli effetti di luce. Fra le sue numerose opere sono da ricordare Cristo tra i fanciulli, In chiesa (qui riprodotto), La tentazione, Attesa dolorosa, Gli zingari, Veste di sposa. Molto apprezzate le molteplici vedute del Palazzo Donn’Anna a Posillipo. Partecipò con successo a numerose mostre in Italia e all’estero. Ammalatosi per il suicidio di una giovane innamorata di lui, fu curato per qualche anno da una sorella a Sala. Qui Morì suicida anch’egli il 7 aprile 1911 e fu sepolto nel locale cimitero. 

Gioacchino Garone

Nato a Sala il 7 maggio 1913 e vincitore a diciott’anni del concorso magistrale per la Campania, si distinse come maestro elementare di ruolo. Amante degli studi, conseguì poi la laurea in materie letterarie presso l’Università di Urbino. Chiamato alle armi, fu per quattro anni di guerra tenente di fanteria, dall’agosto 1940 al maggio 1945. Nel 1950 ebbe l’incarico di direttore didattico del circolo di Cava dei Tirreni e, come reggente, di quello di Mercato San Severino, distinguendosi per le capacità organizzative e gli orientamenti educativi, che gli procurarono elogi e riconoscimenti da parte delle autorità superiori. Vincitore di concorso, fu dal 1958 titolare della direzione didattica di Sala Consilina e Teggiano con risultati sempre encomiabili, fino alla morte causata da un fatale incidente d’auto il 13 giugno 1960. Nel 1955 aveva ricevuto il diploma di terza classe dei «benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte», con medaglia di bronzo. Nel 1956 era stato nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione Ispettore bibliografico onorario di varie biblioteche dei comuni del Vallo di Diano e degli Alburni e, con rara sensibilità culturale, seguì, accanto a Venturino Panebianco, gli scavi archeologici di Sala e di Padula, l’allestimento d’un laboratorio di restauro e di un’esposizione all’interno della Certosa, che sarebbe poi diventata il «Museo della Lucania Occidentale». 

Michele Garone

Nato a Sala nel 1911, fratello di Gioacchino, svolgeva la professione di avvocato a Napoli, dove si era laureato. La sua casa in via Partenope era un richiamo di persone della scuola, dell’amministrazione, dell’università, per questioni di studio o di lavoro. Insegnò materie giuridiche in istituti di prestigio quali il «Diaz» e il «Mario Pagano». Organizzò concorsi per materie giuridiche ed economiche della Regione Campania, istituendo seminari di preparazione ed esami di selezione che hanno garantito organici di docenti di standard elevato. Con un piede nell’ufficio legale oltreoceano, fu chiamato a dirigere complessi scolastici importanti come il «De Sanctis» di Nola e il «De Nicola» di Roma. Amministratore e consulente della Rivista di Studi Sociologici e Antropologici, diede impulso a scambi e iniziative congiunte col presidente del Senegal, il poeta Leopold Sédar Senghor, promotore dell’insegnamento del Latino nelle università senegalesi; favorì anche ricerche di avanguardia come l’etnomedicina e le letterature sacrificate dei Paesi francofoni e anglofoni del continente africano e dei Caraibi. Morì nel 1987. Tra le pubblicazioni si segnalano: Le origini economiche del fenomeno consortile salernitano, in «Economia Sociale», 1961; Contratti agrari tipici nel salernitano intorno al Mille, in «Rassegna Storica Salernitana», 1961; Airateca e palmentateca tra le prestazioni dei portionari salernitani, Roma, 1961; Il turismo nella Comunità Economica Europea, in «Economia Sociale», 1962; Le classi rurali nel Prinicipato Longobardo di Salerno, Pozzuoli, 1962.

Costantino Gatta

Medico e antiquario, figlio del medico Giuseppe Gatta, nacque a Sala nel 1663. Fu avviato agli studi di medicina a Napoli, dove conobbe il giurista lucano Amato Danio, cultore di memorie patrie. Nel 1715 fu capoeletto a Sala e in quello stesso anno, a seguito del miracolo della trasudazione della manna, promosse l’ampliamento del santuario di San Michele Arcangelo, sul Monte Balzata, divenuto da allora Protettore della città. Mosso da analogo amor patrio, prese a scrivere di storia regionale: La Lucania illustrata (1723); Memorie topografico-storiche della Lucania (1732). Prima ancora aveva dato alle stampe opuscoli di varia scienza: Aurora acromatica sive Isagogicum, tria complectens systemata, primum astronomicum,secundum medium, tertium phisicum (Napoli 1703), Il trionfo della medicina, apologia contro Plinio (Napoli 1716), Di uno strano e mostruoso crescimento di peli, di barba e di ugne in due donne napoletane (1734). Di una strana pregnezza di mesi ventidue (Venezia 1736); alcune opere postume furono stampate dal figlio Giuseppe con erudite osservazioni. Morì a Sala nel 1741 e fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini. Dopo la soppressione del convento la vistosa lapide in pietra, per iniziativa di Francescantonio Rossi, nel 1884 fu trasferita nel cimitero cittadino, dove si trova tuttora: nell’epigrafe, assieme ai suoi meriti culturali e professionali, risalta la sua pietà verso i poveri. Al di là dei limiti riscontrabili nella cultura del tempo, va sottolineata la sua tendenza razionalista, propria dell’Illuminismo, sia nell’erudizione storica che in quella scientifica e filantropica, che ne fanno, sotto alcuni aspetti, un antesignano rispetto ai successivi cultori di memorie. 

Diego Gatta

Sacerdote e giureconsulto, nacque a Sala il 26 aprile 1729 da Angiolantonio, dottore in utroque jure, e da Antonia Martucci, di Eboli. Dopo aver appreso i primi rudimenti del sapere al suo paese, si recò a Napoli, dove proseguì gli studi, avendo, dopo altri, come maestro l’abate Antonio Genovesi, che frequentò anche come parente. Conseguita la laurea, tornò a Sala per motivi di salute.
Il vescovo di Capaccio lo nominò Avvocato dei poveri. All’interno della chiesa ricettizia di Santo Stefano ebbe l’incarico di Archivista. Rimessosi in salute ritornò nel 1767 a Napoli, dove rimase a lungo. Nel 1771 fu nominato Uditore Generale del vescovo di Anglona e Tursi, Giovan Battista Pignatelli. A fianco del ministro riformatore Bernardo Tanucci attese, per incaricò del re, a riordinare le leggi sotto il titolo Regali dispacci (1773-77), il cui primo degli undici volumi fu dedicato proprio al Tanucci, e Riflessioni sopra la ecclesiastica ordinazione e la materia beneficiale (1777); ma nel 1777 il Tanucci fu allontanato dal governo e il re proibì al Gatta di continuare l’opera. Negli ultimi anni di vita si dedicò alla modifica del Codice Carolino, ma ne fu distolto dagli eventi del 1799. Avendo deplorato alcuni eccessi, fu assalito in casa e depredato delle cose migliori, tra cui la ricchissima biblioteca, che fu data alle fiamme sotto i suoi occhi. Fu anche momentaneamente arrestato e, a séguito della persecuzione che a Sala fece tra l’altro registrare qualche decina di morti, tra cui il nipote adottivo Michele Gatta (Angelo Andrea Genovese), si rifugiò presso i Genovese suoi parenti a Eboli, dove Morì il 22 giugno 1804. Secondo Gabriele De Rosa il Gatta «fu il maggiore difensore della patrimonialità e della laicità della “massa comune” […]. Discendente da una famiglia patrimoniale di Sala, Gatta trasformò in fatto legislativo la prassi realistica in materia di rapporti tra stato e chiesa. Potremmo dire che dal suo lavoro di codificazione il giurisdizionalismo acquistò una dimensione di base, divenne cioè l’espressione diretta degli interessi corporativi dei cleri gentilizi locali». Aurelio Musi ritiene particolarmente importanti «alcune consulte pubblicate dal Gatta sulla vicenda del catasto onciario; esse documentano le difficoltà di applicazione del catasto, i reclami delle università e dei cittadini, la non disponibilità delle comunità locali ad abbandonare il vecchio sistema tributario fondato su dazi e gabelle». Ingegno versatile, utilizzò le sue conoscenze mediche e il suo patrimonio a beneficio degl’infelici. Si occupò anche di musica e, oltre a comporre opere in gara coi musicisti della capitale, scrisse un trattato in contraddittorio con Domenico Cimarosa, suo amico. Fu in corrispondenza con Antonio Genovesi, con Giovan Francesco Conforti, con Domenico Cirillo e con Domenico Vairo, rimanendo in contatto col Tanucci anche dopo il suo ritiro a Portici. 

Francescantonio Gatta

Lucanus del XVI secolo, fu medico di Vespasiano Gonzaga, dei duchi di Mantova, «lettor di Chirurgia e Notomia », nell’Università di Napoli e barone di Castagneta nel Cilento. Pubblicò le Isagogae Anatomiae (Napoli, 1557). 

Francesco Gatta

Figlio del medico Girolamo, sacerdote e gran teologo, fu nominato dalla Congregazione di Propaganda fide missionario e vicario apostolico in Tunisia per diciassette anni, esposto di continuo a immensi disagi e pericoli. 

Gerardo o Gherardo Gatta

Figlio di Costantino, pubblicò molte Rime, una favola pastorale, Il Pastor Finto e Dell’antica Chiesa marcellianense,o sia Consilina in Lucania, colle Memorie Cronologiche dei suo Vescovi fino al presente. 

Giacomo Gatta

Vissuto nel XVII secolo, nipote di Francescantonio e fratello del medico Girolamo, scrisse molte sacre rappresentazioni e la tragedia La Domenica.

Girolamo o Geronimo Gatta

Nacque a Sala intorno al 1610. Medico, scrisse una Storia cronologica dei moti napoletani del 1647 guidati dal popolano Masaniello e Una gravissima peste che nella passata Primavera, et Estate dell’anno 1656 depopulò la Città di Napoli, suoi Borghi e Casali, e molte altre Città e Terre del suo Regno, pubblicata a Napoli per i tipi di Di Fusco nel 1659 e dedicata a donna Beatrice Caracciolo, marchesa di Buccino. In contrasto con l’opinione superstiziosa allora dominante, che le pesti fossero procurate con arti magiche o dai peccati degli uomini, e osservando morire tante persone a Napoli, a Sala e nei paesi limitrofi, che rimasero spopolati, ma anche le non poche persone di famiglia vicine a lui, intuì che la diffusione della peste non proviene dal semplice contagio e indicò antidoti da lui sperimentati, consigliando isolamento e quarantena degli appestati.

Giuseppe Gatta

Figlio di Girolamo, fu anch’egli medico e autore di alcune memorie a stampa. 

Lelio Gatta

Fu medico del duca di Savoia, che lo fece cavaliere di San Maurizio. 

Giuseppe Giuliano

Nato da illustre famiglia di Sala l’8 aprile 1820, fu patriota, pubblicista, autore del Catechismo Proletario, direttore e redattore di giornali politici. Divenuto segretario del Governo provvisorio nel 1848, fu perseguitato dai Borboni e destituito dall’impiego di Ricevitore dei Dazi Indiretti. Fu poi rappresentante del collegio di Sala, quando la capitale d’Italia era Firenze. Morì a Napoli ancora giovane. 

Edmondo Iannicelli

Nacque a Sala l’11 dicembre 1884 e Morì ad Agropoli l’8 settembre 1952. Si distinse come amministratore del Comune di Sala e come socio della Società Operaia di Mutuo Soccorso «Torquato Tasso». Fu consigliere comunale nel 1920-21, ricoprendo la carica di assessore supplente prima e di assessore effettivo poi; fu presidente della Società Operaia nel 1921 e consigliere l’anno successivo. Fece parte del comitato eletto il 6 maggio 1920 per raccogliere i fondi destinati all’erezione del monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale. A lui si deve la riorganizzazione della Società Operaia «Torquato Tasso» dopo la caduta del Fascismo, che aveva sciolto le associazioni non governative. Nell’agosto 1946 si riunirono, al n. 4 di via Roma in Sala Consilina, i primi soci per iniziativa sua, di Antonio Gesummaria e di Cono Cantelmi, che decisero di riprendere il cammino interrotto per 15 anni. 

John Martin

Nato a Sala, fu registrato all’anagrafe come Giovan Crisostimo Martino il 28 gennaio 1852. È molto conosciuto  negli Stati Uniti d’America per essere stato l’unico superstite della battaglia di Little Big Horn contro la tribù dei Lakota. Per effetto di omonimia fu confuso con persone di altri paesi d’Italia, che se ne attribuirono impropriamente i natali. Nel 1999 Giuseppe Colitti e Michele Esposito ne rinvennero l’atto di nascita in un «registro degli esposti». Nel 1873 s’imbarcò a Napoli sulla nave S. S. Tyrian per gli Stati Uniti, dove giunse in un periodo di massima recessione e si arruolò nell’esercito il 1° giugno 1874, partecipando a varie campagne militari. Nel marzo 1879, finito il processo di Chicago, Martin fu congedato dal 7° Cavalleria per fine ferma, come trombettiere dal buon carattere, e fu riarruolato nel 3° Reggimento di Artiglieria di stanza a Fort McHenry, vicino a Baltimora. Nello stesso anno sposò Julia Higgins, di diciannove anni, irlandese, dalla quale ebbe otto figli, ma che si separò da lui dopo averla tradita con una donna di facili costumi, anche se egli continuò ad amare lei e la famiglia. Una volta in pensione, gestì con la moglie un negozio di dolciumi e fu poi bigliettaio in una stazione della metropolitana. Il 24 dicembre 1922 si spegneva a Brooklyn ed è lì sepolto nel Cypress Hill National Cemetery: dall’epigrafe risulta essere stato sergente del 7° Cavalleria US e che «portò l’ultimo messaggio del gen. Custer nella Battaglia di Little Big Horn» del 25 giugno 1876. In qualità di trombettiere era stato inviato da Custer con un messaggio scritto in un laconico biglietto nel quale richiedeva munizioni dal capitano Benteen, che però, resosi conto della catastrofica sconfitta, rinunciò a muoversi. Per tale motivo se ne diffuse la fama tra i giornalisti e gli storici, anche per essere stato più volte unico testimone nei processi sulle responsabilità della guerra in cui gli statunitensi furono sconfitti dagl’indiani; per questo stesso motivo pare che sia stato considerato una sorta di simbolo di conciliazione tra gli stessi.

Giuseppe Mezzacapo

Nacque a Napoli il 10 luglio 1847 e Morì a Sala il 18 settembre 1924. Cittadino adottivo di Sala, lasciò come grande avvocato memoria d’una profonda cultura non solo giuridica, che lo fece considerare un maestro da Alfredo De Marsico. Quest’ultimo ne tracciò un entusiastico profilo in Voci e volti di ieri (Laterza, 1948). Fece parte dal 1879 al 1884 del Consiglio Comunale e fu anche, solo per qualche anno, deputato al Parlamento. Commosse parole pronunciò per lui nell’elogio funebre Alfonso Marino, preside del Liceo Ginnasio, che lo ebbe insegnante privato di Lettere latine e greche negli anni della giovinezza: fu quest’ultimo nel 1964, da sindaco, a proporre al Consiglio Comunale di intitolargli la strada che va dal palazzo Paladino a via Macchia Italiana. Più di recente, in un saggio pubblicato su «Euresis» nel 1990, Pasquale Russo ha aggiunto, con ricerche accurate, importanti tratti della vita del personaggio, mettendone in evidenza la dignità del cittadino che mira solo al bene comune, scevro da interessi personali nell’esercizio della politica sia nel Consiglio Comunale di Sala che nel Parlamento Italiano. 

Davis Ottati

Nato a Sala Consilina il 15 luglio 1916, è stato giornalista e scrittore, consigliere provinciale di Firenze, consigliere e assessore al Comune di Firenze, vicepresidente dell’Assemblea Consiag di Prato, presidente della sezione Corego Fiorentina. Nel 1991 gli è stato conferito il Fiorino d’Oro della città di Firenze. Ha pubblicato le seguenti opere: L’acquedotto di Firenze dal 1860 ad oggi, Firenze 1983; Anni trenta: un paese del Sud, Firenze 1993; Firenze pulita: il problema dei rifiuti urbani dal Medioevo ad oggi, Firenze 1990; Fuochi di gioia ed oltre: storia dell’illuminazione pubblica a Firenze, Firenze 1989; Sessanta anni sul fiume: storia della Società Canottieri Comunali di Firenze, Firenze 1991; Storia dell’acquedotto di Prato, Prato 1990; Il ventre di Firenze: storia della fognatura dall’epoca romana ad oggi, Firenze 1988; Dal feudo alla libertà. Un paese del Sud (Sala Consilina), Firenze 1996. È morto il 29 dicembre 2007. Qualche giorno dopo il sindaco di Firenze, Leonardo Dominici, così scriveva nel messaggio di cordoglio alla famiglia: «Con Davis Ottati scompare una delle personalità che hanno segnato la vita politica e istituzionale della nostra città … Personalità del mondo politico fiorentino seppe, in anni in cui la politica era soprattutto impegno civile e sociale, svolgere con competenza e passione il suo ruolo di pubblico amministratore guardando agli interessi della città in una prospettiva di sviluppo e miglioramento dei servizi per i cittadini, occupandosi nel contempo attivamente della storia di Firenze di cui ha saputo cogliere significativi aspetti attraverso ricerche e numerose pubblicazioni».

Manilio Pandelli o Mandelli

Vissuto nel XVII secolo, fu maestro di umanità di Pier Francesco Orsini, duca di Gravina, poi papa col nome di Benedetto XIII. Fu autore d’un poema, Il pietoso Pindo, della tragedia L’Alessandra e della commedia La Lucilla, nonché di alcuni Discorsi accademici. 

Francesco Pappafico

Nato a Sala nel 1856, fu a lungo sindaco (dal 1889 al 1905), promuovendo, nonostante le difficoltà di bilancio, varie importanti iniziative come l’impianto d’una banda municipale (1990), l’istituzione del Ginnasio governativo, che continuerà a sostenere in Consiglio Comunale fino al 1908, quando sorgerà per l’attivo interessamento dell’on. Giovanni Camera, e di un convitto per la permanenza di studenti del circondario, la convenzione per l’illuminazione elettrica, che sarà inaugurata qualche anno dopo, la copertura del vallone nella centrale via Garibaldi, l’imbrecciatura dell’asse viario che attraversava e attraversa tutto il paese da Sant’Eustachio alla caserma Cappuccini, l’ampliamento del cimitero, la sistemazione della via Mario Pagano, come collegamento alla stazione ferroviaria.
Quest’ultimo intervento determinò le sue irrevocabili dimissioni dovute alle critiche malevole rivoltegli, essendo la sua casa situata in quella strada. Furono concessi allacci d’acqua e impiantati nuovi fontanini pubblici. Nel 1893 fu fondato un ospedale civile per la cura degl’infermi poveri amministrato dalla locale Congregazione di Carità, che cessò di funzionare dopo la seconda guerra mondiale. Massone nella loggia «Giuseppe Mazzini» di Sala Consilina, approdò al grado di maestro nel 1911. Morì nel 1934. 

Giuseppe Puglia

Carabiniere, nacque a Sala il primo marzo 1905 e Morì a Monteforte Irpino l’11 settembre 1928. Fu decorato di medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione: «Dando prova di alto sentimento del dovere, servendosi di un’automobile transitante, precedeva il proprio comandante di stazione ed altri due colleghi nell’inseguimento dell’autore di un mancato omicidio, raggiungendolo ed affrontandolo decisamente. Fatto segno a vari colpi di rivoltella, due dei quali lo ferirono gravemente, mentre il terzo lo uccideva, il conducente del veicolo, dopo avergli scaricato contro la propria pistola senza colpirlo, lo rincorreva nuovamente e, raggiuntolo, impegnando impari accanita lotta, riusciva a trattenerlo fino al sopraggiungere di un collega. Spirava poche ore dopo, fiero dell’azione compiuta». Solenni funerali gli furono celebrati a Sala, con la presenza di autorità e istituzioni cittadine. A lui è stata intitolata la nuova locale Caserma dei Carabinieri.

Salvatore Maria Raimondo Raiola

Di Luigi, nacque a Sala il 4 dicembre 1825. Prese parte alle guerre d’indipendenza italiana come volontario; servì poi nell’esercito piemontese, prese parte alla guerra di Crimea e a tutte le campagne d’Italia, riportando varie ferite; si congedò col grado di colonnello. 

Francescantonio Rossi

Farmacista e Regio Ispettore Onorario dei Monumenti e Scavi, nacque a Sala nel 1824. Sindaco di Sala dal 1885 al 1889, fu socio fondatore e direttore a vita della Società Operaia di Mutuo Soccorso «Torquato Tasso ». Nel 1900 pubblicò una Cronaca della Città di Sala Consilina. Morì nel 1903.

Gennaro Sambiase Sanseverino, duca di San Donato

Figlio di Paolo, locale Sottoindentente, nacque a Sala il 18 settembre 1821. Aveva un castello a Chianche (AV), dove è ricordato, oltre che per le sue doti umane, per aver favorito la costruzione dell’acquedotto e della stazione ferroviaria. Ebbe un ruolo di prim’ordine nelle vicende risorgimentali. Prese parte ai moti del 1848, subendo il carcere negli anni successivi. Garibaldi gli dedicò una foto con queste parole: «Al mio carissimo amico ed aiutante di campo, fratello d’armi della campagna del 1859, ov’ebbe contegno da prode». Aveva patito esilio politico per dieci anni (1849-59). In Francia collaborò a La Presse e ad altri giornali. Fu presidente del Consiglio Provinciale di Napoli, Presidente del Consiglio di Amministrazione del Banco di Napoli e più volte sindaco di Napoli, che deve a lui, tra l’altro, via Caracciolo; fu anche vittima di un attentato terroristico. Fu deputato al Parlamento (1861-1901), ricoprendo, al contempo, altre importanti cariche. Morì all’età di ottant’anni, nel 1901.

Giovanni Samuele

Vissuto nel XV secolo, appartenne a famiglia d’origine ebraica, che diede vari scrivani alla Corte aragonese, e vi esercitò anch’egli quella professione. Fu anche segretario del poeta e umanista Giovanni Pontano. 

Albinio Santarsenio

Medico chirurgo, uomo colto e fervente patriota, fu coinvolto nei moti del 1820 e patì il carcere. Colpito più volte da apoplessia, Morì a soli 56 anni. 

Lamberti Sorrentino

Nacque a Sala il 16 novembre 1899. A sei anni seguì con la famiglia il padre che, per motivi di lavoro, si trasferì prima in Sicilia, poi a Matera. Più tardi, ospite d’una zia, frequentò la scuola tecnica a Napoli. Come volontario della classe ’99, partecipò alla Prima Guerra Mondiale col grado di sottotenente negli Arditi e poi all’impresa di Fiume con D’Annunzio, col quale, ribelle com’era, venne in contrasto. Congedatosi, passò a suo dire «un anno pessimo» nel paese di nascita. Da ufficiale aveva conosciuto Luigi Bakunin, figlio del noto anarchico. Cominciò a scrivere articoli di critica letteraria sul quotidiano «Roma»; da quel giornale ottenne una tessera di corrispondente. Dopo aver tentato invano di emigrare in Congo Belga, si recò in Brasile nel 1923 dove, a San Paolo, si lasciò coinvolgere dall’ondata rivoluzionaria, vivendo per sei mesi nella foresta vergine. Sconfitta la rivoluzione e condannato a morte in contumacia, fu poi costretto a riparare in Argentina. A Buenos Aires fu ospite di Emilio Zuccarini, professore universitario e anarchico, amico dei Bakunin, e ne sposò la figlia Susy, dalla quale nacquero Renata ed Elisabetta. Raccontò la «grande avventura» delle pampas in una serie di articoli su «La Nacion»: per questa esperienza di cui andava fierissimo, raccontava Indro Montanelli, venne denominato dai colleghi giornalisti «il pampero». Collaborò alla «Patria degli Italiani» e divenne poi redattore capo del «Mattino d’Italia». Tornato in Italia, svolse attività giornalistica nelle guerre di Etiopia, Spagna e Albania. In Africa Orientale fondò il «Corriere Sudetiopico». Dalla Spagna, poi, dove era vicecapo dei servizi giornalistici italiani, mandava notizie anche per la radio. Alla fine degli anni Trenta, fu corrispondente de «Il Telegrafo» di Giovanni Ansaldo e, dopo una collaborazione al «Tempo» quotidiano, fu inviato speciale al «Tempo» settimanale di Mondadori, il cui caporedattore era Indro Montanelli. Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò come corrispondente di guerra alle campagne d’Africa, in Libia, d’Albania, di Grecia e di Russia, tra i primi giornalisti «a recarsi di persona nelle retrovie e sui campi di battaglia». Fu molto amico del genero di Mussolini, il conte Galeazzo Ciano, che lo cita nei suoi Diari. Si vantava di aver inventato il fototesto: la foto come integrazione del testo. Previde la sconfitta dei Tedeschi e, con notevole anticipo, anche i cambiamenti della Russia comunista. Di ritorno dalla Russia fu catturato dalla Gestapo e trattenuto nel campo di concentramento di Mauthausen: fu liberato dagli Americani nel 1945. Fu successivamente inviato speciale con grandi reportage in Italia e all’estero per i settimanali «Tempo» ed «Epoca». Fece altresì esperienza di cinema in Domani è un altro giorno, accanto ad Anna Maria Ferrero e Arnoldo Foà. Compose un dramma, il Tropico. Dopo la morte di Susy, sposò la romana Chiara Pisani, dalla quale finì col separarsi, unendosi alla giovanissima Pamela Satrina, con la quale visse alcuni anni nella splendida villa di Capri. Morì in un pensionato di giornalisti a Grottaferrata il 9 maggio 1999. È stato sepolto per suo desiderio nel Cimitero di Sala Consilina, città dove, sempre legato ai suoi primi struggenti affetti, non di rado veniva a trovare lo zio Domenico Sorrentino, imprenditore edile e poeta. Scrisse, oltre ai tanti servizi giornalistici, Questa Spagna (1939), Isba e steppa (1946), Io soldato d’Europa (1953), Pechino contro Mosca (1960), Che Guevara è morto a Cuba (1972), Sognare a Mauthausen (1978), Da Bel Ami a Lili Marlene (1980). A lui sono state dedicate quattro edizioni del Premio giornalistico «Cronisti di guerra».

Raffaele Taiano

Di Gaetano, nacque a Sala il 5 maggio 1848 e fu rappresentante di un collegio di Napoli al Parlamento nazionale, per due legislazioni. 

Domenico Alfeno Vario

Sacerdote e giureconsulto, nacque a Sala l’8 marzo 1730. Il cognome di famiglia è Vairo, mutato in Vario con l’aggiunta di Alfeno come richiamo al giurista romano Alfenus Varus. Primo di sei figli, divenne sacerdote, appartenente al clero ricettizio della chiesa di Santo Stefano. Dopo l’istruzione elementare a Sala, proseguì gli studi di belle lettere, filosofia e matematica a Napoli, dove risentí dell’ambiente riformista sotto l’influenza di Antonio Genovesi. Teologo e giurista, insegnò Filosofia nel Seminario dell’isola d’Ischia; poi Fisica sperimentale nella Regia Università di Napoli.
Dal duca Serra di Cassano fu chiamato a educare e istruire i suoi figli nel feudo in Calabria, dove visse per qualche tempo. Nel 1767 pubblicò il primo libro delle Institutiones Iuris Neapolitani, ma i successivi non videro la luce per un probabile intervento della censura ecclesiastica. Uscirono invece le Adnotationes ad libros IV Institutionum Civilium (1768), utilizzate quando era lettore privato di giurisprudenza; durante la medesima attività – probabilmente dal 1767 al 1777 –, sono del 1769 i Publicorum libri V. Invano concorse alla cattedra di Decretali (Diritto canonico), in coincidenza con la disputa anticurialista suscitata dal Genovesi. Attese quindi all’opera sua più rinomata e diffusa, Pragmaticae edita decreta interdicta regiaeque sanctiones RegniNeapolitani, stampata nel 1772. Seguirono l’anno successivo i Constitutionum Regni Siciliarum libri III, la legislazione emanata da Federico II di Svevia nel 1231, ancora in vigore nel Regno borbonico. Vi si riscontra lo spirito riformatore che lo avvicina al coetaneo Giovanni Andrea Serrao, futuro vescovo di Potenza, circa la contestazione dei beni concentrati presso i monasteri e le chiese. Nonostante le dotte ricerche pubblicate, invano sperò di ottenere la cattedra di Diritto del Regno nell’Università di Napoli nel 1777; pari insuccesso ebbe al concorso per la cattedra vespertina di Istituzioni civili. Grazie all’amicizia con l’ambasciatore viennese alla Corte di Napoli Johann Joseph Maria von Wilzeck, e con l’appoggio del Ministro Plenipotenziario in Milano, il conte Karl Joseph Firmian, ottenne nel 1779, la nomina imperiale alla lettura pubblica di Pandette e del Diritto Feudale nell’Imperiale Università di Pavia. Grazie al lauto stipendio poté coltivare la grande passione per i libri, concedendosi il lusso di acquistare costosissimi volumi. Nel 1782 pubblicò il De jure responsum sive commentarius in binas sententias Aemilii Papiniani I. C. Quaestionum XIV. & XIX, per il quale ricevette il consenso dell’altro grande giureconsulto conterraneo Mario Pagano, di Brienza. Ma accanto a simili successi annovera alcuni gravi disguidi: il 18 novembre 1781 espelle dall’aula in cui svolge la lezione uno studente, figlio del Segretario della Commissaría di Guerra, un vero e proprio affare di stato, che venne composto per i buoni uffici del Firmian; nel gennaio 1783 scoppiò una violenta disputa con tre colleghi della medesima Università circa il metodo del Vario, basato sull’Editto Perpetuo. Anche questa volta il caso si chiuse per l’intervento del Governo, che però gl’impose le pubbliche scuse dalla cattedra. Altro incidente fu quello di ribellarsi all’invito del Kaunitz a tenere le sue spiegazioni in latino, come d’uso all’epoca, criterio che a suo giudizio serviva solo a nascondere l’ignoranza del docente: un’evidente battaglia genovesiana per l’innovativa diffusione della cultura. A questi inconvenienti seguirono le sue rimostranze per la paga non adeguata alle promesse. Di conseguenza iniziò la sua parabola discendente con la perdita dell’alloggio, a cui seguiranno debiti e processi. Nonostante la mancanza di copertura politica per la morte del Firmian e l’incrinatura dei rapporti col Wilzeck, venne eletto dagli studenti rettore dell’Università di Pavia nell’anno accademico 1783/84. Il 5 luglio 1785, introdotto dal duca Pignatelli di Belmonte, fu ricevuto con sua grande soddisfazione nel Palazzo Arciducale dal Re e dalla Regina di Napoli. Ma, nonostante un aumento di stipendio, per effetto della sua intemperanza anche verso i potenti e lo stato cagionevole di salute, il Kaunitz si dichiarò d’accordo col Wilzeck, che gli aveva rappresentato «l’assoluta convenienza di dimettere dall’università questo soggetto».
Dopo nove anni di servizio effettivo, Vario venne giubilato, non dimesso; ma, poiché recalcitrava, gli venne intimato di cessare le lezioni. Decurtata la pensione, ormai in condizioni finanziarie disastrose, il 25 febbraio 1793 gli fu ordinato di allontanarsi dalla Lombardia. Peggiorate anche le sue condizioni di salute, terminò i suoi giorni dopo alcune settimane il 12 dicembre 1793 a Sala, dove è sepolto nella chiesa di Santo Stefano, in un sarcofago col suo busto e l’epigrafe.

Michele Volpe

Decoratore e pittore, nacque a Buccino il 7 agosto 1840. Sue pitture si conservano nella chiesa madre e nel palazzo comunale di Buccino. Dipinse sul sipario del vecchio teatro di Casalbuono Garibaldi al Fortino. Garibaldino, combatté a Capua ai Ponti e a Maddaloni. A Sala Consilina dipinse sul soffitto della chiesa di Santo Stefano il martirio del Santo e sul soffitto del santuario di San Michele l’immagine dell’Arcangelo. Morì nel 1921 a Sala Consilina nel cui cimitero è sepolto.