1° Percorso

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Piazza Umberto primo – Via Grammatico e omonimo palazzo – Via Costantino Gatta e Palazzo De Petrinis – Via Silvio Pellico Civita Palazzo Bove – Largo di Santa Maria – Via Castello Palazzo Castrataro-Tieri – Rione San Leone – Via Raffaello da Urbino Via Fornarina – Salita Arnaldo da Brescia Largo Ugo Bassi – Chiesa di Sant’Eustachio Grància di San Lorenzo Cappella Bigotti – Chiesa di Santo Stefano – Via Cavour Corso Vittorio Emanuele

 

Piazza Umberto primo

S’inizia da Piazza Umberto primo, anticamente detta di Monte Oliveto o di Sotto Corte, all’incrocio delle vie Garibaldi, Grammatico, Roma. Qui sono due edifici religiosi. Della chiesa di San Nicola, antica parrocchiale, si hanno notizie a partire dal 1308; l’edificio è di piccole dimensioni e di semplice struttura, con una modesta navata, sul lato destro della quale s’affianca un’altra minore, separata da struttura ad archi. Non vi si segnalano attualmente opere d’arte di rilievo, andate in gran parte distrutte o disperse soprattutto nel corso degli ultimi quarant’anni, allorquando la chiesa, non più adibita al culto, è stata utilizzata per attività sociali e ricreative della comunità parrocchiale. In quelle circostanze andò distrutto l’organo settecentesco, un tempo collocato su di una tribuna lignea, e fu anche disperso l’archivio della Confraternita di San Vincenzo De Paoli, che in San Nicola aveva avuto la sua antica sede. Restaurato dopo il terremoto del 1980 e restituito anche al culto, l’edificio ha ricuperato con le sue forme originarie anche il decoro che l’abbandono e il suo cattivo uso avevano gravemente compromesso. La chiesa della Santissima Annunziata fu fondata dall’Università cittadina intorno al 1330. V’era originariamente annesso un ospitale per infermi e per pellegrini, affidato all’Ordine dei Crociferi, i quali l’abbandonarono nel 1653. La struttura, che ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti, non presenta aspetti di rilievo: sul prospetto si nota un rosone che dové appartenere alla fabbrica trecentesca, mentre il portale, in pietra di Padula, è del XVIII secolo; sull’architrave poggia lo stemma cittadino, segno dell’antico patronato. L’interno, a navata unica, presenta in alcune nicchie laterali statue e busti di santi, tra i quali un San Biagio e un San Vincenzo Ferreri, sculture lignee del XVII secolo. Il presbiterio fino ad alcuni decenni addietro era delimitato da una balaustra in pietra; alle spalle dell’altare, nel catino dell’abside, è la càggia di San Michele, la grande teca lignea nella quale viene accolta la statua del Patrono dal 29 settembre all’otto maggio, allorquando essa viene riportata e custodita nel Santuario sul monte Balzata. Povera di opere d’arte, in buona parte andate disperse nel corso del tempo, la chiesa conserva una tela dell’Annunciazione, opera del Franchini, pittore salese del Settecento. 

Via Grammatico

Lungo la via attiguo alla chiesa di San Nicola, sulla destra per chi sale, è il palazzo, databile fra il XVIII e il XIX secolo, un tempo appartenuto alla famiglia baronale Romano. Sul portale di pietra, che è a tutto sesto, si vede lo stemma della famiglia: la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo; lo scudo è sormontato da un cappello prelatizio. Poco più sopra si giunge al palazzo Grammatico, imponente complesso edilizio del XVIII secolo, appartenuto all’omonima famiglia baronale, che fu titolare del feudo di San Damiano e la cui presenza è documentata a Sala sin dal 1489. L’edificio, da poco restaurato, rivela ancora le caratteristiche del tempo: il portale di pietra, poggiante su due leoni stilofori, con bugne dai fregi floreali e zoomorfi, l’imponente stemma baronale, mascheroni, balconi e finestre realizzati in pietra locale, corte interna lastricata e scalone pure in pietra, l’antico giardino. 

Via Costantino Gatta

La via prende il nome dal medico ed erudito, nato il 1673 e morto il 1741, che per primo si occupò delle antichità cittadine, pubblicando dapprima La Lucania illustrata (Napoli 1723), ispirata al prodigio dell’effigie di San Michele Arcangelo sul monte Balzata, quindi le Memorie topografico-istoriche della provincia di Lucania (Napoli, 1732), in cui illustrò la storia dell’intera regione. Nel luogo, anticamente detto la Valle, sorgeva l’abitazione della famiglia, fiorita tra il XVII e il XVIII secolo, da tempo ormai estinta. Le strutture dell’originario palazzo, del XVII secolo, furono abbattute intorno agli anni Settanta dell’Ottocento; sopravanza solamente qualche elemento del portale d’ingresso, in muratura, sul quale si scorgono ancora tracce di affreschi dell’epoca. Sul posto va poi certamente segnalato il vasto complesso edilizio De Petrinis che prese forma, verisimilmente tra Sette e Ottocento, durante il periodo di massima fioritura dell’omonima famiglia, appartenente al ceto borghese locale e legata profondamente alle vicende cittadine del Risorgimento e dell’Unità nazionale. Dal suo ceppo, estinto nella prima metà del ventesimo secolo, emerse la figura di Domenico De Petrinis.

Via Pellico e Civita

Lungo il percorso di via Pellico si avverte maggiormente il respiro dell’antico centro abitato che, racchiuso nella compatta cortina muraria, era attraversato da strade erte e strette. Era possibile accedervi attraverso tre antiche porte, una delle quali, il cosiddetto Portello, si collocava proprio in questo tratto di strada. Si giunge, poco oltre, alla Cívita, toponimo d’origine latina indicante in genere un antico insediamento. Qui va segnalato il palazzo Bove, la cui famiglia è già attestata a Sala col censimento aragonese del 1489; fiorente per tutta l’età moderna, dal suo seno emerge soprattutto Michelarcangelo, nato il 1790 e morto il 1860, personaggio che ha legato il nome alle vicende del Risorgimento locale e alle cronache amministrative di Sala, di cui fu sindaco benemerito. Elementi di pregio del palazzo, databile fra il XVII e il XVIII secolo, sono il portale in pietra di Padula artisticamente lavorato, la corte interna e per una torre semicilindrica a guardia dell’ingresso, che lo qualificano come struttura edilizia fortificata.

Piazza Santa Maria

Poco distante dal palazzo Bove si nota uno slargo, realizzato negli anni Settanta dell’Ottocento e oggi utilizzato come parcheggio pubblico; un tempo sul luogo sorgeva la chiesa di Santa Maria, della cui fondazione e della cui storia purtroppo si conosce poco, a causa della distruzione e della dispersione delle fonti documentarie. Tuttavia la tradizione le riconosce importanza civile e religiosa: si tramanda infatti la notizia che i Parlamenti municipali venivano annunciati e convocati al suono della sua campana che, com’era costume, doveva verisimilmente servire anche a segnalare situazioni di comune pericolo per la popolazione, chiamando in tal modo la gente a raccolta. Era detta anche Santa Maria la Greca, perché vi si celebrava in rito italobizantino. 

Via Castello

Da Santa Maria si prosegue per via Castello, fino a giungere sul punto più elevato dell’abitato, dove sorge il palazzo Castrataro-Tieri che presenta una caratteristica torre quadrata con merlatura. L’edificio è edificato su visibili strutture edilizie preesistenti, in origine destinate a cinta muraria; la stessa torre quadrata sembrerebbe confermare una simile funzione. La posizione eminente su tutto l’abitato e l’aspetto di struttura fortificata inducono a riconoscere al palazzo un’importanza che, forse molti secoli addietro, esso poté avere nell’intero contesto cittadino. 

Rione San Leone

Si perviene nella contrada che prende nome dall’antica chiesa dedicata al pontefice Leone nono, la cui fondazione risale verisimilmente al XII secolo: la chiesa – secondo una tradizione locale – sarebbe sorta su di un precedente tempio intitolato alla Santa Croce, a sua volta sovrapposto a più antico culto pagano. Della chiesa, il cui edificio fu rifatto nella seconda metà del XIX secolo, rimangono le sole mura perimetrali: a séguito del terremoto del 1980 se ne decise infatti la parziale demolizione.

Via Raffaello da Urbino Via Fornarina

Le due vie conducono, attraverso un reticolo stradale povero sotto il profilo edilizio, ma caratteristico, a via Arnaldo da Brescia e, svoltando a sinistra, in largo Ugo Bassi, dove si segnalano due antiche edicole funerarie, murate nel prospetto di un’abitazione privata. 

Chiesa di Sant’Eustachio

Un’autorevole notizia, tramandata dall’erudito giureconsulto Domenico Alfeno Vario nel XVIII secolo, assegna la sua fondazione al 1130, in età normanna. L’edificio e il campanile attuali sono tuttavia di epoca moderna, riportando visibilmente i segni di rifacimenti effettuati tra il XVII e il XVIII secolo. Particolarmente significativo è l’elegante portale di pietra di Padula: sull’architrave è scolpita un’artistica testa di putto alato, ai lati della quale si legge memoria del restauro della chiesa avvenuto nel XVIII secolo; degno di segnalazione è anche lo stemma che sovrasta il portale, anch’esso settecentesco, nel quale è icasticamente raffigurata la leggenda di Sant’Eustachio.

Grància di San Lorenzo

Sul corso Cavour è una struttura edilizia di vaste dimensioni, in parte adiacente alla chiesa di Sant’Eustachio: non si hanno notizie certe sulla data dell’originaria costruzione la quale, forse risalente alla prima metà del XVI secolo, fu realizzata per le esigenze collegate con l’amministrazione del vasto patrimonio fondiario che la Certosa di Padula – da cui dipendeva la Grància di Sala, detta localmente Ghrangía – qui possedeva. L’edificio, sia all’esterno che nei suoi articolati interni, mostra evidenti i segni degli interventi e di ampliamenti edilizi, effettuati nel corso del XVIII secolo.

Cappella di San Giuseppe

Si trova poco oltre la Grància certosina, lungo il medesimo corso Cavour; si tratta di un edificio di sicuro interesse artistico, fondato nella prima metà del Settecento dall’importante famiglia Bigotti, la quale, presente a Sala sin dal XV secolo, vi fiorì per tutta l’Età moderna, pervenendo a compiti di spicco e divenendo benemerita verso la Certosa di Padula. Proprio agli ottimi rapporti coi monaci di San Bruno sembrano in qualche modo fare riferimento l’architettura e i complessi elementi ornamentali in pietra di Padula che caratterizzano la Cappella – il portale, lo stemma, i finestroni, il campanile –, la progettazione e la realizzazione della quale furono verisimilmente legate ad architetti e a maestranze di alto livello, forse chiamate sul territorio dalla Certosa di San Lorenzo. 

Chiesa di Santo Stefano protomartire

Anch’essa sul corso Cavour, è un monumento assai significativo per la storia della cittadina: l’erudito Domenico Alfeno Vario fa risalire la sua fondazione ai primi anni del XII secolo, in un contesto normanno. All’ XI secolo o all’inizio del successivo sembrerebbe appartenere anche il frammento d’affresco, raffigurante un volto di Apostolo, affiorato sul prospetto della chiesa, dopo il restauro, da uno strato d’intonaco. L’edificio ha una struttura che s’articola in una vasta navata, da cui si eleva il presbiterio con l’altare maggiore sormontato dall’arco trionfale, dietro il quale si apre il coro con la prospettiva della grande tavola del 1610 raffigurante la Madonna della Consolazione coi santi Agostino, Stefano, Maria Maddalena e Monica, opera di Giovanni di Gregorio, detto il Pietrafesa. Ai due lati della navata sono le cappelle, adorne di stucchi settecenteschi, del Santissimo Rosario, del Santissimo Sacramento e di San Carlo. Quella del Rosario fino a qualche tempo fa era impreziosita da una tavola cinquecentesca, purtroppo trafugata, raffigurante la Vergine nell’iconografia che le dà il titolo. Adiacente è un sacello, all’interno del quale sono affreschi datati al XVI secolo. Degna di menzione è anche la cappella di San Carlo, per la quale fu commissionata al Pietrafesa la tela raffigurante la Madonna delle Grazie coi santi Onofrio e Carlo Borromeo, del 1615; nella medesima cappella va segnalato il monumento funebre, con epigrafe, eretto all’abate Domenico Alfeno Vario, illustre giureconsulto salese nato il 1730 e morto il ’93. Tra le opere artistiche della chiesa vanno pure ricordate la balaustra in pietra locale con due putti alati, forse opera di Andrea Carrara di Padula del XVIII secolo, il ciclo di pitture inframmezzato ai finestroni, eseguito dal pollese Anselmo Palmieri nel XVIII secolo e raffigurante scene delle Scritture, le statue lignee di Santo Stefano, e di San Gennaro, produzioni del XVIII secolo del cilentano Domenico di Venuta, attivo nella capitale del Regno. La chiesa conserva anche un apprezzabile archivio, ove tra le residue 21 pergamene è il più antico documento privato cittadino, datato al 14 febbraio del 1448, a cui s’aggiunge un’ampia documentazione cartacea che va dal XVII al XIX secolo.