La Città

Page breadcrumbsEnd of page breadcrumbs

Sala Consilina è un comune della Regione Campania, in provincia di Salerno, situato nella parte orientale del Vallo di Diano, in posizione centrale rispetto a esso.
È posto sul pendio dei Monti della Maddalena, che fanno da confine con la Regione Basilicata.
Dista 95 km da Salerno e 55 km da Potenza. Si trova a un’altitudine media di 614 m sul livello del mare, raggiungendo i 1.467 metri nella sua parte montana e copre una superficie di 59,2 km2.
Abitanti 12.552, al 1° gennaio 2019.

Il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, con proprio Decreto del 2 aprile 1990, concesse al comune di Sala Consilina il titolo di “Città”.

Le origini

La fascia pedemontana dove sorge Sala fu sede di insediamenti remoti del Vallo di Diano, infatti la vasta necropoli che per piú di quattro chilometri si estende dalla contrada Profíca alla Marsicanella, ha messo in luce la stratificazione di diverse culture, a partire dall’Eneolitico con documentazione che s’intensifica dal IX secolo avanti Cristo. La mancanza però di un riferimento ad un insediamento stabile può far ritenere che per secoli gli abitanti fossero organizzati in nuclei di capanne, scomparse a séguito di eventi naturali o di successivi insediamenti. Ma è altresí vero che la continuità abitativa sul medesimo suolo ha impedito la conservazione di tutte le presenze che non fossero rimaste custodite in profondità nel sottosuolo. Certo è che nessuna notizia storica ci è pervenuta in ordine all’esistenza di insediamenti prima del Medioevo. Abbiamo invece documenti che ci confermano l’esistenza, sia in epoca antica che nell’Alto Medioevo, di centri come Àtina, Marcelliànum e Consilínum, molto prossimi a Sala, la quale ebbe con essi molti momenti di intreccio e di contatto durante la loro evoluzione.
Per la sua posizione strategica nella vallata del Tanàgro si presume che, al tempo dei Romani, in contrada Taverne, lungo la provinciale, fosse esistita, come il toponimo induce a ritenere, una stazione di sosta lungo il tracciato della via consolare romana collegante Capua con Reggio, la Annia.

Il Medioevo

Lo sviluppo di Sala ebbe inizio nell’Alto Medioevo, al momento della discesa longobarda verso l’estrema Penisola.
Assunse una fisionomia meglio definita dopo il Mille e, piú precisamente, durante la dominazione normanna, allorquando sembra sorgessero le chiese di San Leone IX, Santo Stefano, Sant’Eustachio.
Il paese si sviluppò tra il Vallone di Sant’Eustachio e Valle Ombrosa, nella località denominata Cívita. Il tessuto urbanistico si presentava compatto, in un logica difensiva che vedeva l’intersecarsi di vie strette e impervie, con una cinta muraria che si apriva in tre porte, il Portello, lu Purtiéddu, nei pressi della chiesa di Santa Maria la Grande, la Porta Gagliarda, tra Santo Stefano e Sant’Eustachio, e Porta la Terra, all’imbocco meridionale della Terra, come allora era designato in genere ogni abitato d’un certo rilievo. Si determinò un impianto urbanistico e difensivo, molto simile a quello della prima Salerno longobarda. La Cívita si sviluppava cosí a mezza costa, con svolgimento a nastro, pressappoco lungo l’isoipsa 650, munendosi a valle d’una cinta difensiva, che sui due fianchi del costone roccioso risaliva per congiungersi al castello. Una cinta intermedia assicurava un piú immediato riparo agli abitanti, i quali, percorrendo le stréttole della parte piú alta dell’abitato, avevano la possibilità di raggiungere postazioni di difesa pur lontane dal Castello. Infatti l’accidentalità dei luoghi non aveva consentito di attestare l’insediamento in prossimità del Castello, che sorgeva a 819 metri sul livello del mare.
Nel Duecento il Castello e la Cívita avevano già guadagnato una posizione di predominio per la particolare posizione strategica e per l’accessibilità dei luoghi. Durante la dominazione sveva, infatti, il restauro del primo fu predisposto ai fini della difesa territoriale, con la disposizione che la fortificazione venisse riparata col concorso di Padula, Atena, Polla, Diano. Nel 1246 subí una prima grave distruzione che, con quella del 1497 – l’una e l’altra determinate dai conflitti con la potente casata dei Sanseverino –, lo rovinò definitivamente, arrecando pesanti danni all’insediamento, agli edifici pubblici e privati e distruggendo deliberatamente ogni altra testimonianza documentaria e monumentale della famiglia baronale ribelle.
Alla fine del XV secolo sotto gli spalti rocciosi su cui era impiantato il Castello, che in varie e alterne vicende occupò tutto l’acrocoro dell’altura, sorsero le abitazioni dei feudatari e dei signorotti locali, con chiese e cappelle gentilizie.
Nel centro storico si può leggere oggi l’antico insediamento urbanistico, sorto in epoche in cui non erano codificate norme tecniche e architettoniche. Esso risultava sviluppato con alternanza di orti delimitati da muri a secco, abitazioni, vie, in modo che ogni costruzione godesse d’un’utile prospettiva che permettesse di dominare dall’alto i possedimenti rurali.

L’Età moderna

Nel Seicento Sala divenne sede vescovile – pur mantenendone Capaccio la titolarità, cosí come era avvenuto precedentemente per Teggiano –, la qual cosa favorí lo sviluppo dell’abitato intorno alla chiesa di San Pietro e al Vescovado. Il borgo medievale si estese in maniera longitudinale verso sud lungo le pendici della montagna, fruendo al meglio dell’esposizione solare e del naturale declivio verso la vallata. Nascono cosí i rioni della Chjazzarèdda, l’attuale Piazzetta Gracchi, e di San Raffaele, sviluppatosi intorno all’omonima cappella dalla quale prende il nome.
L’Età moderna si segnala soprattutto per un’apprezzabile espansione demografica e di conseguenza urbana, sopravvenuta dopo la grave depressione seicentesca.
Il Settecento è il secolo di grande fioritura cittadina: vengono edificati i palazzi gentilizi degli Acciari e dei Grammatico; vengono fondati luoghi di culto privati di notevole pregio, come la cappella di San Giuseppe della famiglia Bigotti e quella degli Acciari; si pone mano a consistenti rifacimenti delle antiche chiese.
Una prima immagine di Sala di tale periodo si ricava da una bella incisione di Costantino Gatta del 1723, in cui la cittadina è adagiata ai piedi dei Monti della Maddalena, su cui s’elevano l’imponente Castello dalla plurima cinta muraria ed il Santuario dedicato a San Michele Arcangelo. A valle, a ridosso dell’ultimo recinto della fortezza, si distende la città con le chiese, i palazzi nobiliari e i loro giardini.
Da un’attenta lettura dell’incisione, è possibile rilevare, al centro, un ampio slargo indicato in legenda come Piazza; era uno dei poli della cittadina, sede degli edifici che in passato ospitavano il governatore regio, delegato a rappresentare il potere centrale. Nei documenti questa zona è indicata come Case di Corte o Piazza, ovvero la Chjazza, sottolineando come fosse già allora un nodo vitale per la politica e per la società.
Percorrendo idealmente l’incisione del Gatta, dalla Piazza attraverso via Grammatico si giunge all’antico Seggio o Sedile, in dialetto lu Tuóccu o Siéggiu, un caratteristico portico aperto a guisa di loggia, dove si tenevano le assemblee cittadine. La dizione Tuoccu, derivante dal greco thōkos e attestata nei documenti salesi, risulta presente nell’area calabrosicula e conferma il substrato bizantino presente nel Vallo di Diano.
A definire la fisionomia urbana dell’epoca contribuiscono dunque il Palazzo Acciari e la sua cappella, fondata nel 1704 dall’abate Felice Pandelli per passare pochi anni dopo a quella famiglia, il Palazzo Grammatico, edificato nel 1722 per volere di Alberico Grammatico, il Palazzo fortificato della famiglia Bove, la cappella di San Giuseppe, eretta nel 1735 dalla ricca famiglia Bigotti, in stretti rapporti coi Certosini di Padula, la Grància di San Lorenzo.
Seguendo poi il percorso della cinta medievale, ricalcata dalla cortina continua di case che delimitano a est la Cívita, s’incontrano ancora residui dell’originaria cinta in un brano murario con una torre, inglobati nel Palazzo Castrataro-Tieri, lungo la strada che porta al Castello nel punto piú alto dell’abitato. Uno degli ingressi alla Cívita, il Portello, è localizzabile all’inizio della medesima via attestato dal toponimo ancora in uso.

L’Età contemporanea

Un decisivo sviluppo del tessuto urbano si ha nel Sette e Ottocento, oltre le mura dell’antica Cívita, lungo la costa che va da Santa Maria della Pietà al Quartiere; nel primo Novecento invece, sul tracciato dell’antica Consolare che costeggia le Taverne, sorgono diversi insediamenti rurali.
A determinare il selvaggio sviluppo urbanistico cittadino fu la fioritura economica del secolo trascorso, allorquando, a partire dagli anni Sessanta, una cortina di complessi condominiali si andava a sostituire lentamente e inesorabilmente agli uliveti che costeggiavano la vecchia Nazionale, che longitudinalmente attraversa sul versante vallivo l’intera cittadina. L’incremento edilizio venutosi cosí a creare ha impedito, soprattutto ai giorni nostri, la possibilità di ampliare la principale sede viaria – impedita anche dalla cortina piú antica che occupa il suo versante opposto – per far posto a veicoli e a pedoni che attraversano in gran numero la città, richiamati dai numerosi servizi, primari e secondari, che la cittadina offre, essendo il principale centro d’interessi economici e commerciali dell’intero Vallo di Diano e delle aree limitrofe. L’accidentalità del terreno e il caotico tessuto viario, aggravati dall’assenza d’un sistema di trasporto ferroviario, soppresso negli anni Ottanta del secolo scorso, e dalla presenza di numerosi insediamenti sparsi, che nel tempo hanno assunto dimensioni consistenti, hanno concorso negativamente alla fioritura d’un modello edilizio locale disordinato e poco soddisfacente dal punto di vista sociale, con conseguenti gravi danni per l’economia locale, anche nelle prospettive future.
L’attività edilizia cittadina, al di là dei risvolti ambientali che ne sono derivati, ha assunto forme sempre piú centrifughe sul finire del decennio successivo: la spinta maggiore si è avuta in direzione sud, nella periferia di Trinità, che si è sviluppata grazie al principale supporto della Statale 19, mentre il versante opposto ha registrato una tendenza meno marcata in virtú della presenza della barriera autostradale.
Il processo di urbanizzazione determinatosi nel periodo considerato, nel corso del quale sono mancati l’osservanza ed il fermo rispetto dei valori ambientali e la realizzazione d’importanti infrastrutture primarie e secondarie connesse alla viabilità, all’istruzione e al tempo libero, per un verso ha generato un maggiore onere in termini di costi di urbanizzazione, che si riflette negli interventi attuali, per l’altro ha creato uno squilibrio nello sviluppo dei servizi e dei rapporti economici e sociali all’interno dell’intero tessuto urbano, disagio che si appalesa maggiormente nel centro storico.
Tutto questo emerge anche dalla distribuzione del patrimonio edilizio sul territorio comunale, poiché la complessa articolazione degli insediamenti e la tessitura urbana stratificatasi nel tempo fanno registrare condizioni di assoluto decadimento delle zone piú antiche, come la Cívita e dei primi nuclei rurali, diversamente da quanto avviene per i nuovi fabbricati.
Allo sguardo di un attento osservatore, il centro storico si presenta con una larga parte del tessuto urbano estremamente fitto ai bordi della maglia stradale con pochi spazi di verde privato racchiusi da caseggiati. La tipologia urbanistica che lo contraddistingue si articola in tre nuclei ben distinti: una zona centrale, comprendente l’originario abitato con le antiche cellule della Cívita e gli agglomerati di Santa Maria la Grande, San Leone, Sant’Eustachio, Santo Stefano e San Biagio, un secondo nucleo formatosi a nord, oltre il Vallone di Sant’Eustachio, fino alla cappella di Monte Vergine, e infine, sul versante opposto, quello originatosi intorno alla Chiesa di San Pietro e al Palazzo Vescovile, che si prolunga sino a San Raffaele. A delineare ancor piú dettagliatamente la cronografia dell’insediamento è un ulteriore schema tripartito del centro urbano: tre estese cortine di case edificate su doppia fila che si sviluppano longitudinalmente rispetto all’intero abitato, lungo tre tracciati viari paralleli, disposti su altrettanti livelli altimetrici, dall’alto verso il basso, dalla costa al fondovalle, il primo piú antico, l’ultimo formato invece da una schiera di edifici ottocenteschi. Le strade piú importanti presentano rari slarghi o piazze capienti, in quanto la pendenza propria della costa, su cui s’erge la città, non ne ha consentito una piú diffusa creazione. A parte gli elementi architettonici di maggior pregio che si mostrano soprattutto nei quartieri che hanno avuto sviluppo intorno al XVII secolo, il resto delle strutture abitative è realizzato con linee essenziali e materiali da costruzione semplici, seppur solidi.