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Le presenze artistiche nel territorio del comune di Sala riflettono le vicende che ne hanno caratterizzato la storia dell’insediamento umano. L’analisi di quest’ultima lascia facilmente intravedere una linea che fin dall’antichità segue un percorso irregolare e composito, determinato dall’importanza del Vallo di Diano sia come luogo di transito che come microcosmo autonomo. Nel corso del Medioevo, a causa delle pessime condizioni generali delle aeree pianeggianti, e soprattutto per ragioni di difesa, si verificò la formazione di nuclei abitativi nelle zone collinari e montuose. Per le stesse ragioni – difesa e controllo del territorio – si assisté alla nascita e conseguente consolidamento del Castello. Al periodo normanno-svevo o proto angioino risale la realizzazione di alcune delle strutture più interessanti dell’edifico e, in particolare, della finestra con forma archiacuta e con una tipologia di intrecci tipica della costa tirrenica fra Amalfi e Salerno.
Le modificate esigenze di vita civile, seguite alla sconfitta dell’ultima ribellione dei Sanseverino (1497), comportarono un più accentuato isolamento del Vallo di Diano, che divenne, per molti versi, un’enclave all’interno dello stato con un proprio potere, proprie fortificazioni e con comunità locali contraddistinte da maggiori peculiarità. Per Sala questi mutamenti si riflettono in un nuovo assetto urbanistico, dove il castello perde la sua centralità e nuove forme di convivenza si sostituiscono molto lentamente a quelle dei secoli precedenti. Non è quindi un caso se le tracce della cultura figurativa si infittiscono proprio a partire da questa profonda svolta, collocabile dopo il primo quarto del XVI secolo. L’opera che, allo stato attuale degli studi, può essere considerata la più antica dell’età moderna è il dipinto murale dell’altare maggiore del santuario di San Michele. Si tratta di una composizione che vede in una nicchia centrale l’arcangelo guerriero nella sua versione psicopompa e sulle pareti laterali l’Annunciazione, con Gabriele sul lato destro e la Vergine sull’altro. La configurazione iconografica del santo guerriero riporta ad elaborazioni del tardo Quattrocento, mentre la fondazione del santuario risalirebbe ai primi anni del Duecento a seguito di un’apparizione dell’arcangelo ad un pastore (1213).
Tra le opere di maggior pregio spiccano due dipinti di Giovanni di Gregorio detto Pietrafesa, dal suo paese di origine in Lucania. Entrambi i lavori si trovano nella chiesa di Santo Stefano. Il primo, siglato Pfn e datato 1610, raffigura La Madonna della Consolazione con i Santi Agostino, Stefano, Monica e Maddalena. Il secondo, firmato e datato 1615, rappresenta la Madonna delle Grazie con i Santi Carlo Borromeo e Onofrio.
Due eventi terribili flagellarono poi questi territori, la peste del 1656 e il terremoto del 1688, che decimarono la popolazione, imponendo sensibili modifiche all’assetto urbanistico e, in ultimo, frenando gli sviluppi artistici.
Con il Settecento si apre poi un periodo d’oro per Sala. A concorrere allo sviluppo edilizio ed artistico sicuramente contribuisce il consolidarsi di un nuovo ceto dirigente, dinamico e culturalmente attrezzato. Tra le opere da segnalarsi merita un cenno la cappella della famiglia Acciari, dove si trovano elementi che costituiscono una vera novità per l’intera zona. La cappella, fondata dall’abate Felice Pandelli nel 1704, fu restaurata nel 1729 dagli Acciari. Alla decorazione originaria della cappella avevano contributo artisti del calibro di Giacomo Colombo e di Giacomo del Po. L’altare maggiore venne realizzato, nel 1706, dal marmorario napoletano Paolo Mozzetti. Di chiara “influenza” napoletana è proprio il monumento funebre del religioso Felice Pandelli, datato 1724, che restituisce un ulteriore valore di qualità: la struttura, infatti, ripropone schemi abbastanza diffusi nella capitale Napoli, ma sempre più rari nella provincia, soprattutto per la penuria della materia prima, il marmo.
Al 1715 risale la statua di San Gennaro nella chiesa di Santo Stefano Protomartire, un mezzobusto policromo firmato e datato da Domenico di Venuta, restaurato nel 1990. Da un punto di vista critico la statua costituisce sicuramente una delle opere d’arte più pregevoli di Sala e del Vallo nel XVIII secolo. Dello stesso autore esiste anche il mezzobusto di Santo Stefano, commissionato nel 1730, e presente nella chiesa omonima.
Sul finire del terzo decennio del XVIII secolo si colloca un interessante ciclo di pitture per la chiesa di Santo Stefano, realizzate da Anselmo Palmieri. Il ciclo è composto da otto riquadri raffiguranti: Sacrificio di Isacco, Mosè fa scaturire l’acqua dalle rocce, Strage degli Innocenti, Adorazione dei Magi, Natività, Martirio di Santo Stefano, Giudizio di Salomone, Agar nel deserto. Il Palmieri fu senza dubbio la principale personalità pittorica del XVIII secolo del Vallo di Diano. Appartenente alla cerchia dei pittori vicini a Luca Giordano – probabilmente allievo di uno dei suoi più stretti collaboratori –, fu molto attivo in Campania e in particolare nel Vallo di Diano (Padula, Polla, Atena), nella prima metà del ’700.
La presente scheda ha valore di panoramica generale degli artisti – pittori e scultori – attivi a Sala negli ultimi secoli. Per la storia dell’architettura, in special modo quella religiosa, si rimanda alle schede specifiche.